TaiJi Quan

LE ORIGINI DEL TAIJIQUAN 

Sulla nascita del Taijiquan vi sono molte storie contrastanti, alcune frutto di racconti leggendari e altre causate da errori di trascrizione o di interpretazione. Tra le maggiori Scuole di Taijiquan esiste da sempre una vecchia diatriba legata alla legittimità di appartenere al ceppo di origine del Taijiquan; di conseguenza ogni scuola propone la propria versione dei fatti e le sue storie ad essa connesse, le quali vengono spesso smentite a vicenda.

Riconoscere tale legittimità non è certo un nostro compito e ci limiteremo pertanto nell’accennare alcune di queste storie, alcune delle quali possiedono un aspetto più leggendario che realistico, ma proprio per questo sono molto affascinanti.

La prima ipotesi è molto più simile ad una leggenda e probabilmente è anche quella meno attendibile, ma in essa si può percepire il mistero della leggenda. La seconda versione è probabilmente quella più veritiera ma allo stesso tempo meno fascinosa della prima. Ma dal momento che non si hanno dati certi per nessuna delle due versioni, tanto vale che ognuno scelga di credere in quella che preferisce.

La prima storia parla di un bimbo, nato il 9 aprile del 1247 a mezzanotte: il suo nome era Zhang Dong. gli si dimostrò sin da piccolissimo un attento studioso degli antichi classici Confuciani. Divenuto adulto Zhang Dong lavorò come funzionario presso la corte imperiale, ma la sua passione rimaneva lo studio e la filosofia.

Egli era particolarmente affascinato da una raccolta di testi che parlavano di alchimia interna dal nome “Baopuzi Neipan”: si riteneva che i segreti celati in questi libri fossero in grado di donare l’immortalità.

Dopo la morte di entrambi i genitori, Zhang Dong si ritirò dalla carica di funzionario e cedette tutti i propri beni materiali ai parenti, per andare in cerca di un Maestro che lo introducesse ai segreti dell’immortalità.

Per diversi anni Zhang Dong soggiornò sui monti Baoji, in una zona che era chiamata anche “Sanfeng” che significa “Tre picchi”, per questo motivo l’eremita Zhang Dong fu soprannominato Zhang Sanfeng, ovvero “Zhang dei tre picchi”.

In quel periodo Zhang Sanfeng incontrò un vecchio Daoista con il quale studiò per circa cinque anni i metodi per nutrire la vita e dal quale apprese alcune nozioni fondamentali sull’alchimia interna Daoista.

Dopo questo periodo Zhang Sanfeng scomparve per molti anni e nessuno ne seppe più nulla, fino a quando non riapparve sui monti Wudang che aveva scelto perchè si riteneva che essi fossero monti sacri.

Un bel giorno Zhang Sanfeng, mentre sedeva nella sua capanna intento nei propri studi, udì uno strano rumore provenire dall’esterno. Subito si precipitò alla finestra per capire da dove giungessero quegli strani suoni, e scoprì che essi erano il risultato di un combattimento che si stava svolgendo tra un serpente ed una gru bianca (anche se alcune storie parlano di un’aquila, luogo molto più consono a questo animale, vista l’altezza delle montagne). Affascinato da tale bellezza, Zhang Sanfeng rimase a guardare quel combattimento fino a quando i due animali non decisero di andarsene, ognuno per la propria strada.

Egli rimase molto colpito dalla straordinaria fluidità e scioltezza del serpente, il quale riusciva ad evitare tutti gli attacchi della gru, grazie ai movimenti sinuosi e scattanti abbinati al continuo alternarsi di balzi in avanti e scatti all’indietro.

Zhang Sanfeng meditò a lungo sull’accaduto e giunse alla conclusione che ciò che è morbido e fluido ha la meglio su ciò che è rigido e duro.

Egli ricordandosi dei movimenti del serpente che offriva il vuoto all’attacco della gru, e attaccava invece quando questa si ritirava, formulò una regola basata sul principio Yin e Yang, definendo che ad una azione Yin si deve rispondere con una azione Yang e ad una azione Yang si deve rispondere con una azione Yin.

In base a questa teoria, egli creò dei movimenti in grado di sfruttare la fluidità ed il rilassamento del corpo, mantenendo sempre costante il flusso del Qi.

Una volta terminato questo lavoro, egli aggiunse a questi movimenti anche i concetti derivanti dalle sue conoscenze dell’alchimia Daoista dando così origine all’arte del Taijiquan.

I racconti Daoisti attribuiscono a Zhang Sanfeng anche la scoperta dei famosi Dian Xue ovvero la tecnica mirata ad un punto preciso del corpo, questi ultimi sarebbero una serie di 108 punti o cavità dislocate lungo tutto il corpo, le quali se colpite nella corretta modalità sarebbero in grado di produrre effetti devastanti sull’organismo, come ad esempio paralisi, mutismo, cecità e perfino la morte.

Le descrizioni di Zhang Sanfeng sono molto caratteristiche e lasciano trasparire la grande forza che esisteva in questo personaggio. Nella storia ufficiale dei Ming, si ritrova la biografia di Zhang Sanfeng che lo descrive all’incirca così:

“Era alto e forte, con i segni della tartaruga e della gru (saggio anziano e snello), possedeva una folta barba che si volgeva all’insù, assomigliando ad una antica alabarda, egli era abituato a meditare a mezzanotte, per illuminare la propria natura e danzava con la propria spada al chiaro di luna”.

Sempre accompagnato da una grossa scimmia, di nome Xiaoting, si diceva che egli emanasse una energia tale da far fluttuare le proprie vesti quando meditava. Quando egli camminava sui monti innevati, non vi lasciava impronte e la neve si scioglieva lungo il suo sentiero, e poche erano le persone in grado di avvicinarlo o di parlargli.

Si dice che Zhang Sanfeng abbia avuto un paio di allievi ai quali avrebbe insegnato e trasmesso la sua arte, ma non esistono dati certi al riguardo. Nel 1407 il sovrano Yong Le della dinastia Ming, venuto a conoscenza delle gesta di Zhang Sanfeng, inviò un gruppo di persone per cercarlo e riportarlo a palazzo, ma la ricerca diede esito negativo e nel 1459, il settimo imperatore Ming concesse a Zhang Sanfeng il titolo di immortale e fece costruire un tempio a lui dedicato sul monte Wudang.

Da quel momento, il Taiji Quan rimase avvolto dal mistero per molto tempo e solo intorno al 1770,

 riapparve grazie ad un personaggio di nome Chen Changshen, il quale disse di aver appreso quest’arte da un vecchio eremita che abitava sui monti sacri. Chen Changshen divenne ben presto l’erede di questa bellissima arte ed iniziò a divulgarla con molta parsimonia cercando di rispettarne i principi basilari.

Intorno al 1800, Yang Luchan, servitore della famiglia Chen, studiò di nascosto l’arte della famiglia, spiando durante gli allenamenti e nell’arco di breve tempo egli divenne un vero esperto. Tornato a Pechino Yang Luchan iniziò la diffusione di questo stile, divenendo ben presto molto famoso ed apprezzato; alla sua morte, uno dei suoi figli Yang Panhuo (1837 –1892) continuò le orme del padre, divulgando questo stile ad un gran numero di persone.

Tra queste persone vi era anche Wu Chunyu il quale, dopo aver appreso il Taijiquan, ne iniziò la divulgazione nella propria scuola.

Wu Chunyu studiò accuratamente i principi del Taijiquan trasmettendoli anche a tutti gli appartenenti delle propria famiglia; uno dei suoi figli, il giovane Wu Jianchun non solo apprese dal padre questa meravigliosa disciplina, ma addirittura, dopo la morte di Wu Chunyu, prese il controllo della scuola e modificò la forma di Taijiquan imparata dal padre in base a dei principi che egli stesso aveva intuito durante i numerosi anni di pratica; la nuova forma che scaturì da questo studio diede vita ad un altro stile di Taijiquan, chiamato lo stile di Wu.

Da questo momento in poi il Taijiquan subì una serie di trasformazioni e modifiche, generando così nel tempo, i diversi stili che oggi conosciamo.

Vediamo adesso di prendere in considerazione anche la seconda versione che parla delle origini del Taijiquan e su come esso si sia poi espanto in tutta la Cina.

La seconda ipotesi parla di Zhang Sanfeng come di un prete Daoista esperto di tecniche alchemiche interne (Neidan), il quale sarebbe nato nella città di Yizhou nella provincia di Liaoning (nord ovest della Cina) e morto alla fine dell’era Tianshun (1465) durante la dinastia Ming.

Zhang Sanfeng avrebbe scritto tre importanti libri durante la dinastia Ming, tutti unicamente incentrati sulle tecniche di alchimia interna e nessuno che faccia riferimento alcuno al Taijiquan. Questi tre libri erano: Sanfeng quanji (raccolta completa di Sanfeng), Sanfeng Danjue (formule del Dan di Sanfeng) e Sanfeng zhenren xuantan quanji (Raccolta completa degli insegnamenti misterici dell’Uomo Autentico Sanfeng).

Il primo riferimento a Zhang Sanfeng come creatore del Taijiquan è quello che si trova inciso sull’epitaffio della tomba di Wang Zhengnan morto nel 1669 durante la dinastia Qing.

La scritta sull’epitaffio dice all’incirca così:

“L’arte di Zhang Sanfeng si diffuse nello Shanxi, dove un uomo di nome Wang Zongyue dimostrava essere il migliore in questo stile”.

In questa frase però non si capisce da chi Wang Zongyue abbia appreso il Taijiquan e inoltre non si afferma neppure che sia stato proprio Zhang Sanfeng il creatore di questo stile.

In seguito Wang Zongyue insegnò questa disciplina a Chen Zhoutong di Wenzhou (Zhejang), il quale iniziò a diffonderla nella sua città. Inoltre nel manuale della boxe Taiji (Taijiquan pu) scoperto da Wu Jiyu nel 1852, vi era un documento intitolato “Tesi sul Taijiquan” (Taijiquan Lun) scritto proprio da Wang Zongyue, nel quale egli afferma di non sapere chi sia l’inventore del Taijiquan e non menziona Zhang Sanfeng in nessuna parte di questa tesi.

Il manuale della boxe del Taiji invece fu ceduto dal suo scopritore Wu Jiyu al fratello Wu Yuxiang, il quale si innamorò del Taiji e continuò a studiarlo nella città di Zhaobao, insieme a Yang Luchan e a Chen Qingping, membro della famiglia Chen, ma lontano dal proprio villaggio.

Grazie a Chen Qingping, il Taijiquan raggiunse ben presto la sua famiglia presso il villaggio di Chenjiagou nella provincia di Henan, dove questa arte fu custodita, studiata e tramandata gelosamente per molte generazioni, e dove tutt’oggi è possibile rinvenire l’autentico Taijiquan dello stile Chen.

Giunti a questo punto della storia dobbiamo fare alcune precisazioni a riguardo, la prima è quella che riguarda l’affermazione della famiglia Chen la quale tutt’oggi nega che l’ideatore del Taijiquan sia Zhang Sanfeng e dichiara che il Taijiquan fu insegnato nella città di Zhaobao da un loro esponente di nome Chen Qingping (1795-1868) il quale a sua volta l’avrebbe appreso da Wu Yuxiang che a sua volta lo apprese dal manuale di Wang Zongyue, il quale non si sa da chi l’abbia appreso.

Mentre invece una seconda versione, completamente diversa, proviene dagli abitanti della città di Zhaobao i quali riconoscono come creatore del Taijiquan il Maestro Zhang Sanfeng e dichiarano che egli avrebbe insegnato la propria arte a Wang Zongyue che a sua volta l’avrebbe insegnata ad un abitante della loro città di nome Jiang Fa. E solo in seguito Jiang Fa avrebbe insegnato questa arte ad un esponente della famiglia Chen di nome Chen Wangting.

Come si può intuire da queste poche righe, l’origine del Taijiquan è ancora oggi motivo di controversie e idee contrastanti.

Se andiamo invece a leggere i testi scritti nell’epoca repubblicana (1912-1948) troviamo molti libri, di cui il primo risalente al 1921, dove si riconosce Zhang Sanfeng come creatore del Taijiquan, secondo la seguente versione.

Zhang Sanfeng sarebbe il fondatore del Taijiquan, il quale lo avrebbe poi insegnato a Wang Zongyue di Xian nella provincia di Shaanxi il quale a sua volta lo avrebbe trasmesso a Jiang Fa, che in seguito l’avrebbe insegnato ad alcuni membri della famiglia Chen.

Malgrado le diverse versioni contrastanti, resta il fatto che quasi tutti gli stili di Taijiquan rendono onore a Zhang Sanfeng quale loro antenato, tranne appunto la scuola Chen.

Qualsiasi sia la vera origine del Taijiquan e degli altri stili interni, ciò che è certo è che molti di essi derivano dai monti Wudang. Questa catena montuosa si estende per oltre quattrocento chilometri, attraversando la provincia di Henan, quella di Shannxi e quella di Hubei, e si trovano a duecentosessanta chilometri a sud della contea di Junxian, nella parte nord ovest della provincia di Hubei, nella Cina centro orientale. Le montagne di Wudang (Wudang Shan) rappresentano alcune tra le più famose montagne sacre di tutta la Cina.

Luogo ove sorgono i più importanti templi e le maggiori scuole Daoiste questi “Monti dell’immortalità”, in alcuni racconti popolari vengono invece soprannominati le “montagne energetiche”, in quanto si dice che esse siano colme di energia vitale, tanto da renderle uniche al mondo.

Si narra infatti, che nelle giornate senza vento, gli alberi e i cespugli presenti su queste montagne ondeggino ugualmente mosse da questa enorme quantità di Qi che satura questi luoghi.

Bagnata dal fiume Hangjiang, questa catena montuosa è formata da settantadue vette, trentadue colline, ventiquattro valli e diciotto passaggi tra i monti. La vetta più alta di questa catena montuosa è il monte Tianzhou, alto ben milleseicentotredici metri, questo picco è conosciuto con il nome di “Pilastro che sorregge il cielo” a causa della sua forma particolarmente slanciata.

Sparsi un po in tutta questa zona vi sono trentatre grandi complessi di edifici, costruiti nei periodi Yuan, Ming e Qing, i quali comprendono molti templi, pagode e padiglioni, per un totale di oltre ventimila stanze, quasi tutte contenenti immagini legate al Daoismo.